Sul finire del XV° secolo pestilenze, carestie e l’ignoranza della popolazione alimentarono l’idea che tutto cio’ fosse opera delle streghe. Venivano accusate di stregoneria delle semplici fattucchiere o povere donne brutte e deformi. Per chiarire queste voci, nel 1587, intervenne l’Inquisitore Dal Pozzo, inviato dal vescovo di Albenga, seguito poi dall’Inquisitore capo di Genova.
La posizione delle indiziate inizio’ a farsi critica con l’arrivo a Triora del commissario civile Giulio di Scribani che, senza perdere tempo, fece incarcerare quelle povere donne, sottoponendole a irrefrenabili torture, pur di riuscire a farle confessare. Agli interrogatori seguirono una serie di processi destinati a diventare tristemente famosi nei secoli, con eco fino ai giorni nostri. Uno di questi venne istituito a carico di quattro donne di Andagna, tali Caterina, e le sorelle Antonina, Bianchina e Battistina. La sentenza venne emessa l’anno successivo.
Fino a 50 anni fa’, nelle lunghe serate d’inverno, si usava fare veglia attorno al fuoco. Gli argomenti ricorrenti, da parte dei vecchi, erano racconti di oscure imprese compiute delle Baggiue (streghe) e dei loro diabolici convegni notturni che avrebbero avuto luogo nel vallone dell’Armetta, sopra un roccione chiamato appunto Rocca de Baggiue.
All’interno del Museo Etnografico “Rinaldo Firighelli” è possibile trovare testimonianze della vita delle Baggiue nei secoli scorsi.
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